Stamina


In inglese Stamina vuol dire tenacia, resistenza. In latino si traduce come "filo", ma spesso anche "trama", con un significato vasto e allegorico tipo "trama della vita", destino. È una bella parola che si riferisce a una bella qualità. Se devo assumere un venditore, ad esempio. È meglio uno che appena può rinuncia, torna in azienda spesso sconfitto, dice che il mercato è difficile...
Oppure preferisci uno che sacramenta ma non molla…uno che quando gli dai un compito le carte le gioca veramente tutte per portare a termine. Senza una buona dose di stamina-perseveranza si portano a casa pochi risultati importanti.
Poche imprese grosse riescono bene al primo colpo.

Anche un apprendista: se non ce ne mette del suo; se non insiste nello sforzo di apprendere, avrà una carriera difficile. Vorrei dire che tutte le carriere aziendali degne di questo nome hanno bisogno di una buona dose di questo meraviglioso ingrediente che è la capacità di provarci più di una volta.

Il tema per chi deve assumere diventa questo: come faccio a capire chi è tenace e chi no?
Il cliente mi dice: "mi raccomando, voglio un venditore con le palle". Se non voglio guai devo presentare un soggetto che abbia sei, sette, otto decimi di tenacia. I colloqui di selezione si svolgono oggi all'85% da remoto. Che domande posso fare per capire la tenacia?
Difficile trovare uno così ingenuo che ti dica "No, onestamente no. Io non sono tenace, sono uno che non insiste mai troppo perché lo trovo indelicato".

Ma il test-chiave sul concetto di "tenacia sul lavoro" lo ha messo a punto Valerio Briganti, un manager coi fiocchi. Consiste in questo, il suo metodo. Fatta la preselezione, risponde di no a tutti i candidati. E prende in considerazione solo quelli che non mollano, che chiedono spiegazioni, che insistono correttamente e non prendono per definitivo il primo no che capita loro come risposta. Con quelli lì vale la pena di continuare la trattativa. Perché è probabile che un'analoga insistenza la useranno con il cliente difficile.

Ma ho un altro aneddoto sulla tenacia che mi ha insegnato molto.
Al ritorno da un seminario a Milano, in auto, ero con il professor Tagiuri di Harvard, il noto docente di psicologia con il quale ho collaborato per un decennio. C’era anche un bravo giovanotto che aveva partecipato ad una selezione per un una posizione di responsabile commerciale. Io ero incerto sull’assunzione perché l’uomo, brillante e abile conversatore, mi dava l’impressione di non essere abbastanza tenace: era certo uno elegante, ma non un duro. Anche al test che potete trovare su bicego.it, risultava una carenza proprio sul fattore stamina/tenacia. Siccome non capita tutti i giorni di avere a portata di mano Tagiuri di Harvard come consulente ho chiesto: "Professore, abbiamo passato del tempo con il giovanotto. Mi chiedono uno tenace, oltre ad altre doti…lo ingaggiamo o no?" "No" dice Tagiuri, "perché quanto a tenacia non ci siamo".
Allora sono preso da pungente curiosità. "Da che elementi ha tratto la Sua valutazione?" chiedo. “Ho notato che per due volte ha chiuso la porta del taxi senza riuscirci, e il taxista è dovuto scendere e chiudere lui". Due piccole prove non sono molto, tu indaga meglio e di più. Ma Stamina/tenacia è esattamente insistere finché l’obiettivo, grande o piccolo che sia, non è stato raggiunto. "Come si fa, Professore, a estrarre concetti generali da piccoli gesti come il chiudere la porta di un'auto? Si puó?"
“Credo che da ogni segmento di comportamento si possa risalire a qualcosa. Chi ha trent’anni di età e mi arriva in ritardo agli appuntamenti ha avuto circa trent’anni per apprenderla, quella cosa lì, che quindi è radicatissima. Altri, nel frattempo, si sono esercitati ad essere puntuali. Il ritardatario è uno coerente. Arriva sempre in ritardo.”



Antonio Bicego
Dottore in psicologia del lavoro